lunedì 20 luglio 2020

FIRENZE, IL BUON PASSATO, ED IL CATTIVO PASSATO




Non è facile essere all’altezza della culla culturale del mondo, ma ciò che sono riuscite a fare certe amministrazioni meriterebbe un premio a parte. Turismo mordi e fuggi di bassa qualità,  distruzione del piccolo e medio commercio, lavori sconsiderati per grandi opere la cui utilità è molto discutibile…

….Firenze oggi più che mai sembra aver perso il suo tradizionale slancio verso il futuro, culturalmente ed economicamente. Mentre in tempi gloriosi era dalla città che si cambiava il mondo, oggi le parti sembrano invertite.

Che cosa è mutato ?

La città è sempre quella, almeno per ora, e le tradizioni delle botteghe storiche, per quanto possono, resistono. Certo è che tra i Medici e la classe politica attuale c’è sicuramente un abisso. Mentre allora la visione di Governo prevedeva mecenatismo locale e la scoperta di nuovi continenti, oggi l’unica idea di sviluppo economico proposta sembra essere il turismo da fuori, importante quando di qualità, ma che guarda ovviamente al passato, e soprattutto al fuori.

Vengono importate addirittura amministrazioni straniere a gestire grandi opere locali (basti pensare ad RTPA per la nuova tramvia), penalizzando le infinite possibilità di un popolo di innovatori quali siamo sempre stati nel mondo.

Ma davvero non ci sono più Da Vinci o Colombo tra di noi ? Davvero abbiamo perso la Fiamma ? O semplicemente scappano da un Nazione che non riesce più ad accoglierli ?

Il problema giovani e lavoro è sicuramente un tema cardine per una Nazione che voglia sopravvivere ed innovarsi. Le nuove generazioni rappresentano il futuro, un futuro spesso vilipeso da una gerontocrazia legata a vecchi paradigmi, e che non sembra proprio riuscire, o volere, integrarci in quella che considerano la loro società. Finiamo per questo spesso ad arricchire l’estero verso cui fuggiamo, e da cui siamo spesso più rispettati e tenuti in considerazione che in patria.

Come biasimarci  ?

Noi ragazzi e ragazze in questa Italia siamo letteralmente esclusi da qualsiasi opportunità concreta e duratura, e soprattutto che ci permetta di programmare la nostra vita. Non solo, siamo addirittura additati, in maniera molto generalista, come scansafatiche, nonostante ci si ritrovi fin troppo spesso, pur di avere da parte qualcosa, a fare lavori anche rischiosi per pochi spiccioli, spesso a nero, a condizioni oltraggiose.

Eppure scendiamo a compromessi, ed eccoci a rischiare il collo consegnando pizze a domicilio a ritmo di grande catena fast food moderna, per cui se si ritarda di qualche minuto, ne viene penalizzato il nostro “stipendio”, appena sufficiente per un monolocale.
Ed in questo mondo incerto, in cui tutto muta rapidamente, e dove siamo condannati a vivere alla giornata, quali sono i nostri riferimenti, i nostri possibili appigli ?

Il nulla condito di niente.

 Alla crisi economica, si aggiunge infatti una crisi culturale che si trasforma in nichilismo, spesso autodistruttivo.

E dire che l’articolo 3 della nostra Costituzione reciterebbe :

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Il che fa già ridere dalla tragicità così, se non fosse che oltre a questo saremmo anche una “Repubblica Democratica fondata sul lavoro”, ovvero che ha le sue fondamenta nel lavoro.
Ed allora tutto torna. Basta prendere la Costituzione, e fare esattamente l’opposto.
Oltre al colonialismo linguistico-culturale di cui abbiamo già parlato in altri articoli, se si attaccano i giovani ed il lavoro in una nazione “fondata sul lavoro”, abbiamo la distruzione totale di una patria.  
Tornano improvvisamente anche i numeri.

Sono infatti circa 7300  gli impiegati pubblici nei centri dell’impiego in Italia, contro i 115.000 in Germania, 149.000 francia, 77.000 nel Regno Unito. Curioso.

E mentre è impossibile sapere a quante persone hanno trovato lavoro questi centri per l’impiego, i nuovi navigator sembrano essere gli unici ad avere una nuova occupazione, almeno per sé stessi.
Battute a parte, la situazione è grave. Le diseguaglianze sociali vanno a polarizzare sempre di più lo status economico di singoli e famiglie, e l’ultima emergenza sanitaria non ha aiutato, allargando ulteriormente la forbice. Oggi più che mai sono fondamentali competenze e visione futura chiara, precisa, priva di sofismi ideologici o marketing politico.  È necessario più che mai patriottismo, ed un piano ampio nel quale ciascuna iniziativa sia inserita a contributo di un disegno organico, integrato, concreto.

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