Titolo : Tutta un'altra vita
Autore : Lucia Giovannini
Lingua : Italiano
Livello Difficoltà : 2\5
Audiolibro : No
Voto Libro : 4,5\5
Estratto :
"Nelle società tribali gli adolescenti ricevono gli insegnamenti dagli anziani. Tali conoscenze riguardano l'abilità di superare sfide, sviluppare i talenti, temprare la volontà e modellare la loro nuova personalità di adulti. Una volta terminata questa fase, sono pronti per una vera e propria iniziazione, una serie di prove spesso molto ardue e fisicamente molto dolorose, che presso alcune tribù in Africa culminano con delle scarnificazioni, tagli che rimangono sulla pelle sotto forma di grandi cicatrici per il resto della vita. Sono il simbolo delle capacità e della forza acquisita. Ogni volta che un membro della tribù o l'iniziato stesso vedrà quei segni, si ricorderà della propria capacità di superare le difficoltà.
Nella nostra società non esiste alcun rito iniziatico. Trascorriamo anni ad accumulare nozioni su tutte le materie possibili senza imparare a conoscere noi stessi. Una volta adolescenti, quando iniziamo a sentire il fuoco della vita che ci brucia dentro, non abbiamo né i mezzi né la forza morale necessari a gestirlo. I sacerdoti del rito di passaggio alla vita adulta diventano la televisione o la pubblicità, e gli esempi proposti sono i divi dello sport o del cinema. Finiamo così per confrontarci con dei modelli finti e avere dei falsi ideali. Viviamo in un mondo fittizio e come sonnambuli lasciamo che il fuoco interiore, non gestito, bruci la nostra vita.
Ad un certo punto è la vita stessa a fornirci le prove iniziatiche senza che peraltro possiamo contare su alcun tipo di preparazione. E il più delle volte senza avere nemmeno l'appoggio di una tribù attorno a noi. Se non ascoltiamo i segnali del cambiamento è la vita stessa che ci chiama a farlo, spesso togliendoci alcune delle nostre sicurezze e spingendoci improvvisamente fuori dalla nostra zona di comfort.
Da adolescente i rituali iniziatici praticati presso diverse tribù africane mi sembravano usanze barbare e cruente, ma ora, dopo diversi anni ed esperienze, mi viene spontaneo paragonare le loro scarnificazioni con le cicatrici che gli inevitabili dolori dell'esistenza ci lasciano nel cuore.
Una malattia, la perdita di una persona cara, la fine di un matrimonio o di un'amicizia,una forte delusione sentimentale, un licenziamento, un fallimento : sono tutte prove che lasciano altrettanti segni, ma interiori,come sostiene anche Malidoma Patrice Somé nel suo libro La saggezza guaritrice dell'Africa. Poiché queste iniziazioni arrivano senza preavviso né preparazione, spesso non conosciamo altra strategia per non sentire il dolore, che negarlo, cercare di non pensarci ed anestetizzarci con tutti i mezzi possibili.
Tutto ciò può in alcuni casi può essere utile durante la fase acuta, quando la ferita è molto recente ma, esattamente come nelle iniziazioni tribali, le prove sono lì per aiutarci a sviluppare le nostre potenzialità e spingerci verso un nuovo stadio della vita. Per poterci risvegliare, infatti, prima di tutto bisogna accorgersi che stiamo dormendo.
Così come occorre il fuoco per forgiare il metallo, spesso è solo dopo essere passati attraverso il fuoco della sofferenza ed averla percepita nella sua interezza che siamo pronti per aprire gli occhi e guardare dentro di noi. A volte è solo in quei momenti che riusciamo a dire basta. Finalmente percepiamo un senso di urgenza che ci porta ad uscire dall'immobilismo o dalle mille distrazioni e ci spinge a metterci in cammino.
Ecco cosa scrive lo studioso di antropologia Michael Meade: "Gli eventi iniziatori segnano per sempre la vita di un uomo o di una donna e spingono le persone ad entrare più in profondità nelle loro vite di quanto non avrebbero mai fatto... sono quelli che definiscono l'identità di un individuo o fanno sì che qualche potere si sprigioni,o gli strappano via ogni cosa fino a che non resti solo l'essenza del suo sé"
Victor Frankl, analizzando la sua lunga esperienza nei campi di concentramento, sostiene che osservando il comportamento dei suoi compagni si poteva facilmente riconoscere chi aveva buone percentuali di sopravvivere e chi no.
"Tali persone (quelle che non ce l'avrebbero fatta)" racconta Frankl nel suo libro autobiografico Alla ricerca di un significato della vita, "si sono scordate che spesso è solo una situazione esterna eccezionalmente difficile che dà all'essere umano la possibilità di crescere spiritualmente oltre a se stesso. Invece di prendere le difficoltà del campo di concentramento come un test per la propria forza interiore... hanno preferito chiudere gli occhi e vivere nel passato... e la loro vita ha perso ogni senso... In realtà c'era una opportunità e una sfida. E uno poteva trasformare quelle esperienze in una vittoria e far diventare la propria vita un trionfo interiore. Oppure poteva ignorare la sfida e semplicemente vegetare, come ha fatto la maggior parte dei prigionieri".
Frankl introduce inoltre una teoria interessante sul significato della sofferenza che si avvicina molto al concetto delle iniziazioni. Lo psichiatra viennese sostiene che quando non ne conosciamo il fine, lo scopo più alto, la sofferenza diventa interminabile. E ci sopraffà.
Nel momento invece in cui la accettiamo e siamo disponibili a vedere quali nuove possibilità ci offre, iniziamo ad addomesticarla e la rendiamo non solo molto più sopportabile, ma addirittura utile. Ed è proprio sapere che ha un fine che permette di accogliere la sofferenza, ci dà il coraggio per affrontarla e ci aiuta così a porvi fine.
Questo è anche il meccanismo alla base dell'allenamento nello sport, soprattutto quello agonistico. Se non fossero disposti a passare attraverso la fase della sofferenza, gli atleti non potrebbero raggiungere alcun risultato. Nessun muscolo può crescere ed essere fortificato senza fatica e senza sfide. Pensate alle ore trascorse ad allenarsi con qualsiasi condizione atmosferica al limite dello sfinimento fisico. Pensate solo, per citare uno dei tanti esempi, a Diana Bianchedi, la campionessa di fioretto femminile che ad Atlanta nel 1996 con il tendine rotto finì il match su un piede solo e si impose 15 a 7 sulla cinese Wang. Pensate che non provasse dolore ? Non è forse lo scopo che ci permette di dare una fine al nostro dolore, fisico o emotivo che sia ?
Una tale comprensione della sofferenza ci permette di uscire dall'idea infantile che qualunque esperienza dolorosa sia di per sé assolutamente negativa.
La maniera in cui rispondiamo alla sofferenza determina se questa diventa per noi un allenamento per rafforzare i nostri muscoli emotivi e mentali o una stampella per l'inerzia e la passività.
È interessante notare come in cinese per definire la parola crisi si usi lo stesso ideogramma della parola possibilità. In effetti la situazione di crisi ci permette di rompere i falsi equilibri e apre lo spazio per crearne di nuovi, più funzionali.
Se vogliamo che questo sia vero anche per noi, il primo passo è avere il coraggio di sentire il dolore, la frustrazione, l'insoddisfazione, di starvi di fronte senza paura e di considerare le cicatrici riportate come quelle di una prova iniziatica."
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