martedì 2 luglio 2019

Custode del Fuoco Sacro


Titolo : Custode del Fuoco Sacro - Lo sciamanesimo e l'energia femminile, le donne medicina raccontano...
Autore : Alessandra Comneno
Lingua : Italiano
Livello Difficoltà : 2\5
Audiolibro : No
Voto Libro : 5\5
Estratto :
"La donna è una creatura sconosciuta, soprattutto a se stessa. Il legame che la collega a Madre Natura, ai quattro elementi e ai loro poteri curativi e rigenerativi, si è perso nel tempo. Ne rimangono indizi silenti, tramandati oralmente o nascosti nei libri scritti per lo più da uomini.
In tutte le antiche tradizioni, come nello sciamanesimo, la qualità femminile è considerata selvaggia o non addomesticabile, indomabile, sensuale, magica ma soprattutto pericolosa e misteriosa. L'energia empatica che la donna è in grado di sviluppare con le forze della Madre Terra, il suo appartenere a una ciclicità naturale che segue il ritmo della Luna e delle maree, rivela le innate qualità che incarna. Lei è infinita capacità creativa e trasformativa, potere innato generativo, è connessione totale con lo spirito di tutte le cose, è forza indescrivibile che le permette di superare cambi repentini, ostacoli, traumi e avversità.
Potremmo definire una donna, per il suo legame con l'intero creato e per la sua predisposizione a rigenerarsi in esso, un frammento puro, in veste umana, della Natura viva che la circonda.
Sono cresciuta in una famiglia che i più potrebbero considerare normale: due genitori che hanno trascorso la vita insieme, amandosi a modo loro, un fratello e una sorella che hanno condiviso con me l'infanzia fino al giorno in cui presi il mio cammino, stanca di tante domande che non avevano trovato risposte.
Viaggiai in giovane età verso mondi che mi fecero rapidamente perdere le tracce di me stessa. Dopo aver attraversato le esperienze della politica, dell'autocoscienza, del femminismo degli anni settanta, delle manifestazioni in piazza per rivendicare un posto, un corpo e un'anima che "qualcuno"aveva rubato, mi ritrovai a varcare l'oceano per cercare nuovi concetti che consolassero la sete di sapere realmente chi ero.
Incontrai dimora sull'altopiano centrale del Messico, tra pini e orchidee, banani e bambù.
A ventidue anni, i grandi spazi attirano ma fanno anche molta paura.
Passai un tempo ospite del mio compagno, in seguito padre di mia figlia, in un vecchio autobus stile Woodstock, con la porta decorata da un grande arcobaleno. Mentre costruivamo la nostra casa di legno, pietra e argilla, lavoravamo con un gruppo di amici a un progetto ecosostenibile che negli anni si rivelò una delle più interessanti esperienze comunitarie d'America, l'Aldea di Huehuecoyotl, a Tepoztlàn, nello stato di Morelos. Furono anni a stretto contatto con la natura: non avevamo energia elettrica e, durante la stagione monsonica, raccoglievamo l'acqua della pioggia in cisterne di pietra per cautelarci dai tempi di siccità.
Le donne che vivevano nei villaggi vicini, pelle morena, sguardo serio, intelligente e facilmente sfuggente, richiamavano la mia attenzione. Mi piaceva osservare come salutavano, come s'intrattenevano chiacchierando e ridendo di gusto, come camminavano in gruppo mentre portavano i panni da lavare al fiume in grandi ceste che appoggiavano sulle loro teste.
Avvicinarle non era difficile, non erano necessarie molte parole, bastava fare delle cose insieme e il filo era annodato. Passavo molte ore con loro a imparare l'arte di riconoscere le erbe selvatiche, a curare il fuoco nelle loro rustiche cucine, a selezionare il mais e a fabbricare intrugli magici con bacche e resine, amorevolmente ricevuti dalla farmacia della Madre Terra, come dicevano. Io ero la nina guerita (la piccola biondina), la straniera che veniva a imparare.
Trascrivevo minuziosamente l'antica conoscenza che ricevevo durante i nostri incontri sul mio quaderno blu che mi accompagnava nella vita come un amico; annotavo l'essenza delle mie percezioni, gli appunti su cui riflettere, studiare, crescere, definire, comparare. L'odore del mais che si abbrustoliva nel comal, le tisane fumanti, il piagnucolio dei bambini attorcigliati al petto delle donne dentro variopinti scialli che coprivano loro le spalle, le silenziose camminate tra gli aromi tropicali, le nuvole di polvere sui viottoli di terra che i nostri passi sollevavano, i cieli tersi che rivelavano le sagome antiche, quasi intagliate nell'etere, delle mie stimate maestre, sono tra i ricordi più vivi che conservo ancora nel cuore.
Un giorno come tanti, in casa di Dona Martha, andai nel cortile a raccogliere legna con l'intento di ravvivare un fuoco capriccioso.
Quando tornai con una fascina di rami secchi tra le braccia, tra lo stupore e il disorientamento, mi accorsi che il mio quaderno stava bruciando lentamente tra le fiamme vive del fuoco. Il mio quaderno!esclamai in preda al terrore. Nina, il fuoco nella cucina di una donna non si deve mai spegnere, stavi tardando troppo, i bambini hanno fame. - Dona Martha parlava con voce ferma e autorevole senza guardarmi negli occhi - Quello che c'era scritto nel tuo quaderno è iscritto anche nella tua memoria. Continua ad alimentare il fuoco.
Ero sbalordita, attonita, furiosa, mi sentii improvvisamente sola. Che cosa potevano saperne loro dell'importanza del mio quaderno? Loro che non sapevano neanche leggere? Mi sentivo offesa per la mancanza di rispetto, incompresa, tradita nella mia intimità, ma soprattutto triste per aver perso lo scrigno della mia raccolta di esperienze.
Me ne andai senza proferir parola quella sera, cullando il torto nel cuore.
Il sole tingeva di viola e di rosso gli ultimi chiarori del cielo come a ogni tramonto amava fare, mentre i passi decisi dei miei sandali lasciavano orme precise sulle quali, consideravo, non sarei più ritornata.
E invece tornai. Inseguii il loro sguardo nel desiderio di capire, ricercai la parola che dichiarasse la pace o che confermasse l'affetto; capii che stavo attraversando una prova davanti ai loro enigmatici silenzi.
Solo nel tempo compresi il valore, il senso e il potere che esprime ogni donna nel mantenere acceso il fuoco della sua dimora. Solo nel tempo intesi profondamente il significato di conservare la memoria, di ripetere gesti e parole che all'apparenza appaiono poco rilevanti.
Furono proprio quelle donne, e molte altre che incontrai nel cammino maya-tolteco dell'Antico Messico, che mi fecero comprendere il significato di essere donna, l'arte di amare, di curare, di procreare, di vivere, insieme al potere dei riti magici che la definiscono Dea, Madre, Tonantzin, Gaia, Maria.
Fu grazie al loro intervento nella mia vita, alla loro pazienza smisurata messa alla prova dalla mia impulsività e dall'ansia di sapere, alla loro tolleranza nel trattarmi come una figlia, che imparai a fare pace con me stessa, con le donne della mia infanzia e con la mia storia personale.
Mentre ricordo l'azzurro mare degli occhi di mia madre e di mia sorella che s'incrociava con il caffellatte dei miei, sorrido ripensando al dialogo silenzioso e struggente che intercorreva tra noi tre nei momenti di silenzio e di tensione dentro le pareti della nostra, spesso ostile, casa. Ricamavamo accordi, intesa, intimità, mentre, con il mento all'insù, praticavamo l'arte di sostenere dignitosamente lo sguardo, in quanto eredi dell'amata stirpe femminile alla quale appartenevamo."

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